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Proposta di acquisto e contratto preliminare

In Italia è pratica consolidata ma equivoca considerare la proposta come un preliminare d'acquisto

Nelle transazioni immobiliari rivestono un ruolo importante e delicato le proposte di acquisto e i contratti preliminari. Nella prassi quotidiana a questi contratti sono stati attribuiti interpretazioni ed effetti diversi. Sulla base della dottrina e della recente giurisprudenza il nostro esperto intende fare chiarezza su questa questione.
La funzione del contratto preliminare è quella di impegnare i contraenti alla futura stipula, alle condizioni e nei termini in esso contenuti, di un successivo contratto definitivo.

La prestazione contenuta nel contratto preliminare di vendita è, quindi, costituita dall’obbligo che i contraenti assumono reciprocamente di prestare, in un momento successivo, il loro consenso al trasferimento della proprietà attraverso la conclusione del contratto definitivo, il quale, sostituendosi al preliminare, ha come obbligazione quella di attuare il trasferimento stesso. La normativa che regola il contratto preliminare è costituita dall’art. 1351 c.c. che prescrive per il preliminare la stessa forma che la legge richiede per il contratto definitivo e dall’art. 2932 c.c. il quale prevede, nel caso di inadempienza del promittente, la possibilità per l’altra parte di ottenere una sentenza che produca gli stessi effetti del contratto non concluso.

Per quanto riguarda la forma, nei contratti per i quali è richiesta la forma scritta ad substantiam, come il contratto di compravendita (art. 1350 c.c), la volontà comune delle parti deve rivestire tale forma soltanto nella parte riguardante gli elementi essenziali del contratto (consenso, res e pretium) e non gli altri elementi che regolano la sua esecuzione. Dalla lettura combinata delle due norme si evince, dunque, che con la stipula del contratto preliminare di vendita le parti si obbligano reciprocamente alla stipula di un successivo contratto definitivo il cui oggetto è il trasferimento della proprietà del bene e che in caso di inadempimento di una delle parti, l’altra potrà ottenere l’esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto, attraverso una sentenza costitutiva che tiene luogo del contratto definitivo non concluso.

Due quindi sono i contratti: il preliminare ed il definitivo, aventi contenuti ed obbligazioni diverse.

Con il contratto preliminare di vendita, infatti, le parti si accordano sugli elementi essenziali del futuro contratto obbligandosi alla prestazione del consenso in sede di futuro contrahere, rinviando al successivo contratto, detto definitivo, l’effetto traslativo della proprietà. Il contratto preliminare non produce ancora gli effetti tipici del contratto prefigurato dalle parti, ma già obbliga le parti a stipulare il contratto definitivo il quale produrrà tutti gli effetti che sono stati fissati nel preliminare.
  Il nostro ordinamento giuridico (artt. 1351, 2932 c.c.) contempla l’ipotesi di un solo preliminare seguito da un definitivo, nulla disponendo riguardo ad una serie di contratti preliminari successivi prima del contratto definitivo, non prevedendo pertanto l’ipotesi di promesse plurime con cui ci si impegna a promettere di impegnarsi. 

È anche vero, però, che in materia contrattuale la legge offre ampia autonomia alle parti nel costituire, regolare o estinguere tra loro rapporti giuridici patrimoniali, consentendo alle stesse di determinare liberamente il contenuto del contratto, dando loro anche la possibilità di concludere contratti che non appartengono ai tipi aventi una disciplina particolare, con l’unico limite che tali accordi siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico (artt. 1321, 1322 c.c.). Per la validità del contratto la legge impone comunque che siano rispettati i requisiti di cui all’art. 1325 c.c., ossia l’accordo delle parti, la causa, l’oggetto e la forma quando questa è richiesta a pena di nullità.
La mancanza di uno di questi requisiti determina la nullità del negozio giuridico, la quale impedisce che si costituisca il rapporto giuridico e che sorga quindi alcuna obbligazione tra le parti.

In particolare, per quanto riguarda il requisito della causa, la legge (artt. 1343, 1418 c.c.) richiede che gli effetti perseguiti dalle parti, attraverso l’accordo contrattuale, siano giustificati dal punto di vista dell’ordinamento giuridico; pertanto, se il risultato cui tende il contratto è illecito o futile, il contratto è ritenuto immeritevole di protezione giuridica e le promesse che le parti si sono scambiate non avranno valore, con la conseguenza che le parti stesse non ne potranno pretendere l’esecuzione coattiva agendo in giudizio.

La causa del contratto si identifica con la funzione economico-sociale che il negozio obiettivamente persegue e il diritto riconosce rilevante ai fini della tutela apprestata ed ha una propria configurazione giuridica rispetto ai motivi soggettivi delle parti i quali rimangono irrilevanti. Nel caso del contratto preliminare la funzione economica tipica è quella di vincolare le parti alla futura conclusione del contratto definitivo, non sarebbe quindi giustificato un contratto preliminare con cui le parti si impegnano, non a concludere il definitivo contratto, ma a stipulare un nuovo preliminare. Inoltre, anche a voler configurare l’accordo con cui si promette di promettere come un contratto atipico, mancherebbe comunque la realizzazione di un interesse meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico prescritto dall’art. 1322 c.c. in materia di autonomia contrattuale.
Infatti, è di poca utilità e di scarso interesse accordarsi per rinnovare in più volte successive la promessa di promettere, prima di addivenire al contratto definitivo.

Della stessa opinione risulta essere la Cassazione che, con la sentenza n. 8038 del 2009, ha definitivamente chiarito che “L’art. 2932 c.c. instaura un diretto e necessario collegamento strumentale tra il contratto preliminare e quello definitivo, destinato a realizzare effettivamente il risultato finale perseguito dalle parti. Riconoscere come possibile funzione del primo anche quella di obbligarsi…ad obbligarsi ad ottenere quell’effetto, darebbe luogo a una inconcludente superfetazione, non sorretta da alcun effettivo interesse meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico, ben potendo l’impegno essere assunto immediatamente: non ha senso pratico il promettere ora di ancora promettere in seguito qualcosa, anziché prometterlo subito”.

Essendo privo di causa, il preliminare del preliminare non viene quindi ritenuto valido.

Il piano contrattuale, con cui le parti iniziano ad accordarsi sugli elementi essenziali del futuro contratto, si può, al più, configurare come una serie di accordi precontrattuali finalizzati alla definizione di un solo preliminare e di un solo definitivo. Tali accordi precontrattuali, definiti “minute” o “puntuazioni”, non hanno carattere vincolativo, ma solo una funzione essenzialmente storica e probatoria della fase delle trattative contrattuali, in quanto in tale fase le parti di solito intendono solo documentare l’intesa raggiunta su alcuni punti, rinviando la conclusione del contratto al momento successivo nel quale avranno raggiunto l’accordo anche sugli altri. In merito a tali “minute” la Cassazione con la sentenza 28618/2008 ha specificato che il documento contenente la puntazione, ancorchè completa e bilaterale dell’assetto degli interessi che le parti intendono adottare, è inidoneo a fornire la prova del perfezionamento del contratto.

L’interpretazione in tal senso comporta, inoltre, che la pattuizione di versare in questa fase precontrattuale la caparra a garanzia dell’ipotesi di rifiuto all’acquisto, non può essere ritenuta valida per i seguenti motivi:
in primo luogo è da considerarsi nulla, per mancanza di causa, la predeterminazione di una penale riferita a una responsabilità extracontrattuale come quella in cui si può incorrere nella fase delle trattative; in secondo luogo l’invalidità deriva dal superamento dell’interesse negativo, con conseguente attribuzione di un arricchimento senza causa.

Pertanto, la proposta di acquisto nella quale è contenuto l’impegno a stipulare un contratto preliminare non può vincolare le parti alla stipula del contratto definitivo. Infatti, se le parti vogliono attribuire alla proposta irrevocabile di acquisto il valore di un contratto preliminare che obblighi alla stipulazione del contratto definitivo (atto di compravendita con atto pubblico) dovranno evitare di inserire nella proposta l’obbligo di stipulare un preliminare, ma dovranno usare formule tali che consentano di trasformare la proposta accettata dalle parti in un vero e proprio contratto preliminare.